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Nato ad Asmara, in Etiopia, Giuseppe Ponzio vive da ragazzo una “solitudine esistenziale come la si può provare in una terra di confine, dove lo spessore del confine stesso assume una dimensione smisurata”.
Proprio il concetto di “limite-confine”, come egli stesso definisce il proprio lavoro nel 2017, ne ha caratterizzato come un filo continuo la ricerca “non tradizionale”, sia nella realizzazione materiale che nella personale riflessione filosofica.
E dalle scritture arcaiche, come quella amarica, si avvia la propria ricerca segnico-spaziale che impronterà ogni opera visiva, a partire dalle opere esposte alla sua prima Quadriennale romana, nel 1975, e proseguendo in opere tanto grandi che piccole, con andamenti sia geometrico-architettonici sia liberi, come nei ritratti immaginari del 1999, dove il segno continuo, sinuoso, divertito, scivola sul supporto con spessori e larghezze differenti, scrivendo e descrivendo – in apparenza casualmente – volti tipici e al contem-po espressivi di caratteri e stati d’animo.
Unitamente alla continua sperimentazione di materiali e procedimenti acquisiti solo di recente dalle arti visive, che aggiungono valore all’espressività dell’opera, tale scrittura gestuale, spesso automatica, svincolata da qualsiasi significante, si raccoglie in “neoscrittura”, come l’autore stesso la definisce, e diviene ritmo e tessitura di superfici autoreferenziali – grandi o piccole: talvolta, piccoli dipinti divengono parti di una composizione o di una spazialità più ampia, articolata in un’opera che nella sua disarmante nitidezza e semplicità rimanda continuamente a nuovi significati.
L’artista stesso del proprio lavoro scrive: “una fase segue l’altra in un susseguirsi anche di sorprese e imprevisti fino ad arrivare a una conclusione, dove l’idea o intenzione iniziale se confermata o meno diventa inessenziale”: fasi del disegno, pittura, ela-borazione materica e successivi ritagli, ricomposizioni, nuovi incollaggi, per finire in un‘opera che è solo una tappa raggiunta di un percorso più ampio, esistenziale prima ancora che artistico, complice la filosofia orientale e la pratica dello Shodō.
Tagli di parti o partizioni contenitive del flusso scritturale, alternanza segnica nella materia incisa come nel primordiale gesto di scrittura sulla sabbia, o finestre geometriche aperte su superfici omogenee, o topografie cromatiche di luoghi immaginari dove il colore ci guida verso pacificazioni di anima, corpo e spirito; o, ancora, costellazioni materiche dove l’aspetto positivo-negativo dialoga di opera in opera, in una ritmica segnica generale che ci parla dell’artista, del proprio divenire ed arrivare al momento successivo, allo spazio ulteriore che si apre nelle opere più grandi dell’ultimo periodo.
È quindi tale processo mentale dell’autore che induce la circolarità percettiva dell’opera: l’osservatore viene guidato dalla sua stessa curiosità ad indagare ancora più a fondo all’interno dell’opera stessa e di opera in opera; soprattutto ‘dietro’ le varie parti che la compongono, nell’alternarsi di vuoti e di ‘oggetti’, di superfici specchianti e scritture indecifrabili – a inchiostro, a grafite, incise sul colore o su foglia d’argento – oltre la realtà convenzionale, oltre l’apparenza.
Spazio e tempo coincidono in un presente che si invera e si rinnova sia nella realizzazione stessa dell’opera sia nelle successive visioni di ogni fruitore.
In ogni opera Ponzio vive il “flusso della vita”, non descrivendola ma considerando ogni processo realizzativo come un’esperienza, irripetibile, imprevedibile e personale. Personale ma non egocentrica: l’allenamento, la pratica dell’arte, infatti, tende e intende allontanare ogni aspetto interpretativo dell’autore – permeato invece del proprio io – formando al contrario ambienti universalmente percorribili.
Ogni volta che si guardano le opere di Ponzio egli stesso vive, come passaggio, come portale che, tramite il proprio atto meditativo che informa l’opera, fa entrare l’osservatore in una realtà sempre aperta a nuove soluzioni, nuovi momenti, a infinite emozioni.


Giuseppe Ponzio
“oltre il confine”
Dal 3 aprile al 3 maggio 2024

Museo d’Arte Contemporanea del Piccolo Formato
Sala Polivalente del MAC
piazza San Michele Arcangelo (s.n.)
Guarcino (FR)

A cura di
Laura Turco Liveri

Nel periodo espositivo la mostra è visitabile su prenotazione tel. 328.1353083

Informazioni:
Comune di Guarcino
tel. 0775/46007