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Può essere avvincente un libro di oltre 500 pagine più altre 200 di note e bibliografia? Ebbene, questo corposo volume è così ben scritto e tradotto da reggere il confronto con i libri di avventure. Perché di avventura si tratta, la navigazione antica essendo affidata a barche di legno, all’esperienza, alla conoscenza dei venti e delle stelle. L’autore però è diverso dagli altri: inquadra commerci marittimi, esplorazioni e sviluppo sociale entro una precisa griglia teorica e storiografica. In sostanza, non siamo di fronte alla narrazione di esplorazioni e avventure commerciali e militari sulla scia della sete di conoscenza, ma seguiamo una logica precisa: organizzare un costoso viaggio di esplorazione e armare navi ed equipaggi non era impresa privata, ma finanziata da sovrani o gruppi di potere politico, commerciale o militare. Lo scopo principale non era aumentare le conoscenze geografiche – come nell’età moderna – ma aprire nuovi commerci, trovare minerali e merci preziose, rifornire di prodotti agricoli zone povere, fondare colonie di popolamento. Il Mediterraneo è un mare relativamente facile da navigare e pieno di baie e isole, e non per niente la civiltà si è sviluppata lungo le sue coste. Civiltà ora legata al Palazzo (come a Creta o a Micene), ora alle poleis (i Greci), ora ai regni governati da oligarchie, ora militari (Micenei/Achei), ora religiose (Ebrei), ora commerciali (Fenici). Proprio i Fenici organizzarono spedizioni a lungo raggio lungo le coste dell’Africa, cercando risorse da commerciare. L’autore mette in precisa relazione gli ostacoli o i cambiamenti politici che rendono una rotta ora conveniente, ora costringono a cercarne un’altra. E visto i danni che sta causando in questi giorni il disturbo del traffico mercantile nel Mar Rosso, ci rendiamo conto che certi problemi non sono nuovi, a cominciare dall’importanza della sicurezza delle rotte commerciali, anticamente solcate da pirati, mercenari e “popoli del mare” d’incerta origine (ma l’autore propende per un’origine “occidentale”: chi viveva lungo le ricche coste dell’Asia minore non aveva bisogno di spostarsi). Iliade e Odissea illustrano molto bene – al di là del mito – precise dinamiche sociali, sia militari che nautiche, sono una sorta di compendio di racconti e conoscenze orali trasmesse nel tempo e configurano un Mediterraneo esteso da Gibilterra al Mar Nero, interconnesso economicamente e incrocio di culture diverse non sempre in guerra fra di8 loro: il commercio non si deve mai fermare. Successivamente l’arte nautica e l’astronomia e l’esplorazione geografica diventeranno più scientifici, i monsoni verranno sistematicamente usati per commerciare con l’India e Alessandro Magno vorrà conoscere di persona i confini del mondo, aprendo comunque nuovi orizzonti commerciali e culturali, mentre i Romani organizzeranno le comunicazioni con strade che percorriamo ancora adesso. La geografia è scienza di stato, anche se amiamo credere che sulle barche si partisse per spirito di avventura, mentre si faceva per fame, per commercio, per cercare merci e schiavi o per trasportare mercenari. Certo gli antichi naviganti erano coraggiosi ma non pazzi temerari, in più avevano cognizioni tecniche marinaresche che noi, abituati a sestanti, gps e carte nautiche satellitari, abbiamo ormai perso.


Avventurieri in terre lontane
I grandi viaggi esplorativi e la comprensione del mondo nell’antichità
Raimund Schulz
Edizioni Keller, 2022, pp.756

Prezzo: 28 euro